lunedì 10 ottobre 2011

No alla pena di morte


Amnesty International si oppone incondizionatamente alla pena di morte, ritenendola una punizione crudele, disumana e degradante ormai superata, abolita nella legge o nella pratica (de facto), da più della metà dei paesi nel mondo. La pena di morte viola il diritto alla vita, è irrevocabile e può essere inflitta a innocenti. Non ha effetto deterrente e il suo uso sproporzionato contro poveri ed emarginati è sinonimo di discriminazione e repressione.

Nel 1977, quando Amnesty International partecipò alla Conferenza internazionale sulla pena di morte a Stoccolma, i paesi abolizionisti erano appena 16. Oggi, il numero dei paesi abolizionisti ha superato quello dei mantenitori, che sono 58.

La tendenza mondiale verso l'abolizione della pena di morte ha conosciuto negli anni '90 una decisa accelerazione, sostenuta dai principali organi internazionali come la Commissione sui diritti umani dell'Onu. Nel 2007, nel 2008 e nel 2010, l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha approvato una risoluzione che chiede una moratoria sulle esecuzioni e impegna il Segretario generale dell'Onu a riferirne l'effettiva implementazione e a riportare tale verifica nelle successive sessioni dell'Assemblea. Tali risoluzioni, sebbene non vincolanti, portano con sé un considerevole peso politico e morale e costituiscono uno strumento efficace nel persuadere i paesi ad abbandonare l'uso della pena di morte.


Dal 1990, 55 paesi hanno abolito la pena di morte ogni reato. Il Gabon, già abolizionista per i reati ordinari, è diventato completamente abolizionista nel 2010: è il 96° paese al mondo e il 16° nell'Unione Africana ad aver messo fine a questa pratica.


In occasione del 10 ottobre, Giornata mondiale contro la pena di morte, le attiviste e gli attivisti di Amnesty International si mobilitano per chiedere la fine delle esecuzioni in Bielorussia, l'unico paese europeo e dell'ex Unione Sovietica che ancora applica la pena capitale.
 
 
 

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